GROSSETO - I risultati di un grande progetto custoditi e divulgati in un libro: è stato presentato oggi a Palazzo Aldobrandeschi il volume dal titolo "La Musica perduta degli Etruschi", edizione Color De Soli di Follonica ed Effigi di Arcidosso.
"Il libro - spiega Roberta Pieraccioli, coordinatrice dei Musei di Maremma - nasce da una importante e originale studio che la Rete museale della Provincia di Grosseto ha realizzato con finanziamenti regionali e provinciali, per indagare con rigore scientifico sulla musica perduta degli etruschi. Ma non è solo un volume per addetti ai lavori: utilizza infatti un linguaggio semplice, divulgativo e accattivante, adatto anche ai lettori più giovani".
Hanno lavorato al progetto l'etruscologa, Simona Rafanelli, direttrice scientifica del Museo archeologico di Vetulonia, e il musicista, Stefano Cocco Cantini, sassofonista di fama internazionale nonché direttore artistico del Grey Cat Jazz Festival. Lo studio è partito due anni fa ed è stato accompagnato da momenti divulgativi e di dibattito come le conferenze spettacolo, che si sono svolte in tutti i musei archeologici della Maremma, al museo Archeologico di Firenze, al museo archeologico di Milano, al museo archeologico di Paestum, e poi a quello di Artimino e di Siena.
"L'attenzione riservata al progetto da parte delle strutture museali di altre province - dichiara Cinzia Tacconi, assessore alla Cultura della Provincia di Grosseto - è un importante riconoscimento della qualità e del valore scientifico del lavoro di ricerca proposto dalla Rete museale provinciale".
Di musica antica si sono occupati archeologi e musicologi, mai un musicista: è la prima volta che un artista del calibro di Cantini affronta questo argomento e i risultati dell'analisi sono davvero interessanti e innovativi. Lavorando a stretto gomito con l'archeologa Simona Rafanelli, Cantini fornisce a studiosi e semplici appassionati della materia affascinanti elementi di riflessione con solide basi scientifiche. A giugno è uscito il libro, che raccoglie il frutto di questo originale dialogo tra Simona Rafanelli e Stefano Cocco Cantini. "Attraverso lo studio archeologico dell'arte etrusca - spiega Simona Rafanelli - dai dipinti agli oggetti rinvenuti negli scavi, siamo in grado di capire quale fosse il ruolo della musica nella società e nella vita degli Etruschi. Le intuizioni e le conoscenze del musicista ci hanno aiutato a ricostruire quali suoni potessero realmente emettere gli strumenti musicali dell'epoca".
"La musica degli Etruschi - spiega Stefano Cocco Cantini - era molto diversa da ciò che siamo abituati ad ascoltare oggi, ma anche dalle musiche che alcuni gruppi propongono come suoni dell'antichità senza alcun fondamento scientifico. Gli etruschi non avevano le conoscenze e gli strumenti per produrre la musica a cui è abituato il nostro orecchio. Il lavoro di ricerca portato avanti con Simona, tenta quindi di allontanare false ed errate credenze e di ricostruire la realtà sulla base di ciò che conosciamo dell'epoca, aprendo nuovi spiragli sulla comprensione di questo tema, anche attraverso la sperimentazione dei suoni e degli strumenti musicali".
Con il supporto dell'Ufficio provinciale del Turismo, che gestisce il progetto "I nostri geni etruschi", è in corso di realizzazione anche un documentario sulla musica degli Etruschi.