GROSSETO - Un'ondata di caldo ha messo a dura prova l’ecosistema prezioso e fragile della laguna di Orbetello, una delle zone umide più importanti del Paese, che rappresenta anche una significativa realtà economica legata all’itticoltura di qualità. Le stime parlano di duecento tonnellate di orate, muggini e anguille morte soffocate per mancanza di ossigeno in tre giorni per effetto delle temperature intense: un segnale di come i cambiamenti climatici incidano in modo gravissimo sugli ecosistemi e, di conseguenza, su alcuni comparti economici.
“Quello che si è verificato nella laguna di Orbetello – ha spiegato Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente - è un disastro ambientale senza precedenti. In questi giorni si sono registrate temperature altissime e per questo la laguna ha raggiunto la temperatura superiore ai 30 gradi che ha ridotto ulteriormente la quantità di ossigeno, soffocando la fauna ittica. Il danno per gli operatori, verso i quali esprimiamo forte vicinanza, si aggira intorno ai 10milioni di euro e sarebbe legato alla morte di milioni di avannotti, i piccoli dei pesci, che tra un anno e mezzo avrebbero rappresentato il grosso del pescato. Adesso l’emergenza riguarda la rimozione delle centinaia di tonnellate di pesci morti per evitare rischi epidemiologici e pompare acqua dal mare affinché il dramma non si estenda alla laguna di ponente. Passata l’emergenza bisognerà però pensare fin da subito a una gestione, un monitoraggio, una manutenzione efficiente ed efficace che garantisca, per quanto sia possibile, un’adeguata prevenzione capace di rispondere meglio anche ad eventi imprevisti così impattanti. Occorre dare seguito alla richiesta di stato di calamità avanzata dal Comune di Orbetello e della Regione Toscana, e fornire risorse economiche, mezzi e strumenti eccezionali per rispondere a questa situazione gravissima e salvare la laguna di Orbetello dagli effetti ulteriori di un disastro ambientale e sociale ormai già in atto”.
I fatti straordinari avvenuti dimostrano in modo evidente come il passaggio diretto dal commissariamento alla gestione ordinaria non sia stata una scelta opportuna in quanto persistono elementi endogeni che inducono a un’attenzione molto alta sia negli investimenti programmati che nelle misure adottate non compatibili con le possibilità di coordinamento di un singolo ente locale.