FIRENZE – Una quota maggiore di risorse per ampliare e potenziare una rete già forte con l'obiettivo di aumentare la protezione nei confronti delle donne sottoposte a violenze e abusi. Ad annunciarlo, in occasione della presentazione del VI Rapporto toscano sulla violenza di genere, è la vicepresidente Stefania Saccardi. L'indagine, curata da Daniela Bagattini e Valentina Pedani per conto della Regione attraverso l'Osservatorio Sociale Regionale, è stata presentata stamattina a Lucca a Palazzo Ducale, sede della Provincia.
"Il dato che più di tutti mi ha colpito sfogliando la ricerca – ha spiegato Stefania Saccardi – è quello sui femminicidi: dal 2006 ad oggi 63 donne sono state uccise in Toscana e si stima che queste vittime abbiano perso circa 2.000 anni di vita e lasciato 38 orfani. Ma anche quello sui minori, oltre 6000, che hanno assistito a episodi di violenza negli ultimi 4 anni è abbastanza sconvolgente".
"Per porre un freno e favorire lo sviluppo delle reti e delle azioni di prevenzione e contrasto, attraverso l'ascolto, l'orientamento, la protezione anche in case rifugio o in altri posti d'accoglienza, il reinserimento sociale e lavorativo la Regione, nella finanziaria regionale 2015, ha inserito un apposito articolo per aumentare le risorse", ha aggiunto la vicepresidente. "Un impegno che vogliamo portare avanti con decisione, già a partire dai più giovani: nelle scuole primarie e secondarie sono stati infatti realizzati, grazie ai finanziamenti della legge regionale n. 16 del 2009 sulla cittadinanza di genere, moduli formativi per contrastare gli stereotipi di genere.
"Senza poi dimenticare – ha concluso Saccardi - le risorse recentemente ricevute sulla base della legge n. 119 del 2013, quella sul femminicidio, per finanziare i centri antiviolenza e le case rifugio e rafforzare le attività già operative sui territori in materia".
Il VI Rapporto, oltre all'analisi dei dati relativi alle donne che accedono ai Centri anti-violenza, agli accessi al Codice Rosa e agli accessi e all'utenza dei Consultori, per la prima volta ha coinvolto anche l'ISPO (l'Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica) che ha studiato in particolare il fenomeno del femminicidio.
Dal 1° luglio 2009 al 30 giugno 2014 si sono rivolte ai Centri antiviolenza toscani 10.819 donne. Rispetto allo stesso periodo (nel 2009-2010) in cui per la prima volta è stato utilizzato l'applicativo di rilevazione da parte dei vari Centri (Toscana prima in Italia a farlo per ottenere risultati omogenei), il numero di accessi è aumentato del 45,7%.
Nei cinque anni presi in considerazione le donne italiane hanno rappresentato il 69,3 dell'utenza totale, contro il 30,7% di quelle straniere. L'utente tipo è una donna "normale": adulta, nel pieno della vita lavorativa, nel caso delle italiane, più giovane e con una situazione lavorativa più incerta se straniera.
Il 69,9% delle donne italiane è arrivato ai Centri direttamente, contro il 49,3% delle straniere. Il 66% delle utenti prima di arrivare ad un Centro antiviolenza si è rivolto almeno ad un altro servizio territoriale e sono soprattutto le donne straniere a farlo.
Solo un terzo delle donne ha dichiarato di essere vittima di un unico tipo di violenza (stalking, nel 40,6% dei casi, e mobbing, 52,5%). La maggior parte, il 43,7%, di averne subiti 2 tipi, il 18% addirittura 3 tipi. Fisica, psicologica ed economica sono quelle tipiche tra le mura domestiche e le vittime sono soprattutto donne straniere. Mobbing e stalking sono diffuse soprattutto tra le italiane. Chi ha dichiarato di aver subito violenza economica di solito è convivente e il 24,1% ha un proprio reddito fisso.
Dal 1° luglio 2010 al 30 giugno 2014 i ragazzi che hanno visto, prevalentemente in casa, le proprie madri vittime di un sopruso sono stati 8.342, 6.084 dei quali minorenni. 4.653 le donne che hanno dichiarato di avere figli che hanno preso parte alla violenza da loro subita.
5.547 utenti su 7.843 (quelli per i quali è presente l'informazione) non avevano sporto denuncia, 165 l'avevano ritirata. La propensione alla denuncia è correlata positivamente alla presenza di figli testimoni e alla "lontananza" in termini di relazione affettiva o parentale tra vittima e carnefice.
Ai Servizi di ascolto per uomini maltrattanti, che dopo l'avvio del Cam di Firenze, nel 2009, stanno nascendo anche a Lucca, Pisa e Livorno, sono circa 350 gli uomini seguiti.
3.000 sono stati gli accessi al Codice Rosa in un anno e mezzo, 4.000 (in 2 anni) quelli ai consultori per motivi di abuso e maltrattamento.
Riguardo al fenomeno del femminicidio, epidemiologi dell'ISPO in collaborazione con sociologi dell'Osservatorio sociale regionale, hanno condotto uno studio attraverso l'analisi dei dati attualmente disponibili e utilizzando un criterio scientifico che ha messo incrociato i casi presenti nelle rassegne stampe di quotidiani e lanci di agenzie con le informazioni riportate sulle schede Istat di decesso, documenti che vengono compilati dai medici al momento della constatazione della morte di una persona.
Dal 2006 al 2013 in Toscana sono state uccise, per motivi di genere, 63 donne. Nella maggior parte dei casi omicidi commessi dal partner o dall'ex partner delle vittime. Ad uccidere sono stati anche familiari, amici, datori di lavoro, killer occasionali, oppure clienti nel caso in cui le donne fossero prostitute. Vendetta, gelosia, incapacità di accettare la fine di un rapporto e volontà di sottomissione: i moventi sono i più disparati. Il più delle volte gli omicidi sono legati a una relazione sentimentale, ancora in atto o pregressa: nel 55,6% dei casi a commettere il delitto è stato il partner, mentre nell'11, 1% la responsabilità è dell'ex. L'età media delle vittime è di 53 anni.
Tra i dati messi in luce dallo studio, vale la pena sottolineare che circa il 25% delle donne uccise in giovane età è originaria di un paese straniero: giovani sono tutte le straniere uccise e il loro tasso di vittimizzazione è molto elevato (il rischio relativo di femminicidio nelle straniere residenti in Toscana è superiore di 3,4 volte rispetto a quello delle italiane). Tra le donne italiane i delitti sono distribuiti su tutte le classi di età , ma il tasso di mortalità subisce un'impennata dopo gli 80 anni. I delitti in cui le vittime sono anziane, sono spesso riconducibili alla sofferenza o alla malattia invalidante della donna, una condizione a cui gli uomini che sono chiamati ad occuparsene non riescono a fare fronte.